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SULLA CRODA BIANCA
dietro al Toc

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Croda Bianca, un nome spesso ricorrente nella toponomastica montana, in genere va ad identificare monti privi di vegetazione, per lo più spogli o che mostrano le nude pareti. Non è il caso della nostra cima, che la si può definire tutto fuorché priva di verde arboreo. Tuttavia, se si considera l’ambiente circostante, essa mostra un fianco di nuda roccia che guarda a ovest, per il resto i mughi la fanno da padrona.
Questo monte non molto conosciuto è situato proprio dietro al tristemente noto Monte Toc (quello franato nel Vajont per intenderci) e non è poi molto alto, misura infatti solo 1784 metri. Lo scorsi la prima volta durante un’escursione tra la val Mesaz e la val Gallina quando, passata forcella dell’Agre passai sotto una parete bianca appunto, che già allora mi solleticò il desiderio di salirci in cima per trovarvi magari solo …camosci!
I camosci quel giorno non li ho incontrati, ma le loro preziose tracce mi hanno condotto, non senza difficoltà, fin sulla panoramica vetta. E, a coronamento di una splendida giornata passata in compagnia degli amici di sempre Mauro e Antonio, la sorpresa nell’apprendere dal coriaceo gestore del rifugio C.ra Ditta, che su quella cima erano due anni che non saliva nessuno. Un motivo di soddisfazione in più.
Ah dimenticavo, se passate da quelle parti, ordinate la grappa alla “tormentilla”, la si trova solo nei dintorni di Erto e viene preparata con le radici di un fiorellino giallo ed è, ve lo assicuro, davvero squisita!  

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Loc. Pineda (Erto)  774 m. –  Croda Bianca 1784 m. per la forcella di Canduabo 
Punto di partenza: Località Pineda, all’imbocco della val Mesaz 774 m.
Dislivello: 1000 m  circa
Tempo complessivo: ore  6-7 circa
Difficoltà: EE+ (qualche passaggio di I grado su roccia friabile e mughi)
Segnaletica: sentiero con segnavia CAI  n.906, poi tracce  

Relazione tecnica:
Provenendo da Longarone si sale in direzione di Erto e, superata l’imponente diga del Vajont, si giunge all’altezza della palestra di roccia dove si gira a destra imboccando una stradina che oltrepassa l’immane  frana del Monte Tòc e risale la valle in sinistra idrografica fino all’abitato di La Pineda proprio all’imbocco della Val Mesaz. Qui si lascia l’auto e si prende il sent. segn.905 che prende quota fino ad incontrare una strada forestale, per questa si percorre il primo tratto della valle fino ad un bivio sulla destra a quota m.950 ca. dove si imbocca il segnavia 906 (fare attenzione in quanto non è molto ben visibile) che si inoltra ripidamente nel bosco lungo il Gè di Lavei fino a forcella di Canduabo a m.1608, spartiacque tra la Croda Bianca e la Cima Mora – Monte Toc. Attraversata la forcella si passa in versante Val Gallina in un ambiente oltremodo selvaggio. Il sentiero adesso aggira su pale erbose e cenge i versanti sud della Croda Bianca fino a giungere a forcella dell’Agre a m.1574.
A questo punto bisogna lasciare i segnavia e, riguadagnando il versante Val Mesaz,  addentrarsi in direzione nord perdendo qualche metro di quota, facendosi largo tra la boscaglia fino a toccare la base di un valloncello fitto di pini mughi che scende a nord della Croda Bianca. Risalire il valloncello tenendosi prevalentemente vicini alle rocce a destra e facendosi largo tra i mughi (alcuni rami spezzati) si esce una cinquantina di metri più in alto dove i mughi sono più radi. Qui la parete si fa un po’ più verticale (qualche passaggio di I grado tra roccia e mughi), superatala con facile arrampicata si giunge finalmente sul filo di cresta e sull’anticima est a m.1759 (ometto). Percorrere adesso il filo di cresta in direzione ovest tra rocce e mughi, in alcuni punti sottile ed esposto, fino a giungere sulla cima principale posta a m.1784, splendido punto panoramico con bellissime vedute sui contrafforti del Col Nudo, sulle Cime di Pino e i monti che si affacciano sulla Val Vajont.
Per il ritorno si percorre il medesimo itinerario a ritroso, una volta tornati a forcella dell’Agre si può decidere se far ritorno a valle transitando nuovamente per forcella Canduabo oppure continuare il giro in senso antiorario toccando le forcelle Malbarc e Bassa e divallare  passando per il bel rifugetto Casera Ditta.

Cartografia: Editrice Tabacco foglio 021.
Bibliografia: “Monti dell’Alpago” di R.Bettiolo, Nuove Edizioni Dolomiti – Pieve d’Alpago 1993.

 
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